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Trittico Trio - All the things we are | 5.99 € |
Trittico Trio - All the things we are | 8.40 € |
La Sound Records e' un'etichetta indipendente fiorentina, nata su iniziativa del trombettista Franco Baggiani, che da anni raccoglie intorno a se' un agguerrito manipolo di musicisti locali, dando loro la possibilita' di esprimersi liberamente ed esplorare le molteplici dimensioni dell'universo jazzistico. Troviamo cosi' accanto a progetti che si rifanno alle marching bands di New Orleans, gruppi che omaggiano il periodo d'oro legato al bop, formazioni che risalgono alla matrice gospel e spiritual, fino ad arrivare ai groove contemporanei ricchi di funk, contaminazioni etniche e coloriture elettroniche. All The Things We Are del Trittico Trio, si puo' considerare un chiaro esempio di tale politica musicale. La formazione costituita da soli strumenti ad ancia, fondata nel 1991 da Andrea Coppini e Giacomo Downie, e completata da Arnolfo Borsacchi, affronta in questo primo CD un repertorio che oltre a materiale originale spazia dalla canzone italiana d'autore a standard di jazz, da brani pop internazionali ai Beatles di "Eleanor Rigby". Il risultato e' un ascolto piacevole, un clima generale rilassato, qualche episodio davvero riuscito che si alterna a momenti di stanca o eccessivamente ripetitivi. Tra i brani piu' interessanti troviamo "All The Thing You Are", dall'arrangiamento mosso e spiritoso, "Hypnofunk" con un bel intervento di Coppini al soprano, l'accattivante "Maracas Beach", nella quale Giacomo Downie dimostra di essere delicato solista oltre che robusto sostegno ritmico e la deliziosa medley "Eleanor Rigby-Smooth Operator", dai toni vellutati e dallo sviluppo avvolgente. La grande eterogeneita' del materiale presentato a lungo andare risulta essere anche il limite di questa registrazione che, comunque, mantiene senso della misura e leggerezza di esecuzione. |
Da Sound Contest Molti musicisti tentano oggi di impostare il proprio repertorio musicale vestendolo di originalita', ma pochi ci riescono veramente e, fra questi, c’e' sicuramente il Tritticotrio, una formazione di soli sassofoni che propone un modo di fare musica particolarmente singolare. In effetti, a ben guardare, il gruppo sembra rifarsi agli albori della musica jazz, nella New Orleans di inizio ‘900, crocevia dell’evoluzione di questo genere musicale. Qui era in voga il cosiddetto “genere New Orleans” (appunto!), caratterizzato dalle celeberrime “marching band” afro-americane, orchestre formate sostanzialmente da fiati con l’appoggio di una componente ritmica, attraverso le quali la popolazione di colore deteneva la supremazia in fatto di jazz, cui si contrapponeva il “Dixieland”, un nuovo genere, dalla struttura strumentale molto simile, che rappresentava il tentativo della popolazione bianca di impadronirsi degli elementi del jazz apportando, in esso, la componente “colta” della musica, in opposizione alla spontaneita' ma anche alle inevitabili manchevolezze in fatto di tecnica che si evidenziavano talvolta nelle formazioni nere. La maggiore difficolta' del nostro trio e' appunto quella di essere soltanto in tre, con tre strumenti monofonici e, come se non bastasse, anche della stessa famiglia, con i quali dover sintetizzare tutte le necessarie componenti di un brano musicale, bassi, accordi, melodie, contrappunti. Il loro maggiore vantaggio e' invece che, a parte il colore della pelle, hanno saputo realizzare un’accurata sintesi delle capacita' tecniche e della cultura musicale dei bianchi del “Dixieland” con la spontaneita' e la fantasia dei vecchi neri di New Orleans, con sensibili contaminazioni blues e funk. Il Sax baritono di Giacomo Downie scandisce i bassi ma arpeggia anche gli accordi mentre il sax alto di Arnolfo Borsacchi si alterna con il sax soprano ed il tenore di Andrea Coppini nell’enfatizzare la parte melodica di un brano piuttosto che il contrappunto o nel rimarcare questa o quella componente dell’accordo; il tutto intersecato nel variopinto ricamo di percussioni proposto dal validissimo Antonio Gentile sulla base ritmica del batterista Alberto Rosadini. Con questo schema di base, riportato in tutti gli arrangiamenti del disco, i nostri tre riescono a rendere ogni brano appagante anche le orecchie piu' viziate dall’ascolto di intrecci complessi, a tratti contorti, che hanno perso talvolta il contatto con la semplicita'. Dopo qualche minuto di ascolto, infatti, l’orecchio sembra distendersi, ritrovando il gusto dell’essenzialita', del discernere ed apprezzare, senza difficolta', quella particolare assonanza o dissonanza scelta per caratterizzare quel certo elemento del brano. E con queste premesse Tritticotrio riesce ad esplorare, senza difficolta', i generi musicali piu' svariati, come si puo' osservare nei titoli dei brani scelti per la raccolta. In effetti, gia' il titolo del disco, “All The Things We are”, parafrasando il titolo del capolavoro “All The Things You Are” portato al successo da Ella Fitzgerald negli anni ’40 e riproposto in maniera originale nel disco stesso, lascia presagire l’intenzione del gruppo di amalgamare brani e generi musicali originariamente eterogenei e di renderli omogenei nell’ascolto. Cosi' si possono trovare le contemporanee “Senza Fine” di Gino Paoli e per “Dream Of The Blue Turtles” di Sting affiancate all’attempata “Ornithology” di Charlie Parker oppure a “Maple Leaf Rag”, emblema del Ragtime composto da Scott Joplin nell’ultimissimo ‘800, quando di jazz non si poteva neppure ancora parlare. Da rimarcare e' anche la capacita' dei tre di offrire un’ottima spettacolarita' nelle esibizioni dal vivo, dove sottolineano le loro trovate, i dialoghi ed i battibecchi musicali, con balletti e movimenti coreografici eseguiti all’unisono ed evidenziano, oltre le gia' citate capacita' tecniche, l’ottima preparazione “atletica” raggiunta nel muoversi ininterrottamente controllando la ritmica respiratoria necessaria per una corretta esecuzione al sax. |
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